31 mar 2009

Il mistero della bellezza di Nefertiti

Studiosi tedeschi hanno scoperto sotto il celebre bustoun secondo ritratto, meno perfetto e forse più realistico
Lo straordinario ritratto di Nefertiti conservato nel museo archeologico di Berlino (Ap)

BERLINO - Il suo nome significa «la bella è giunta» ed è considerata la Monna Lisa dell'antichità, una delle donne più affascinanti della storia. Nefertiti, moglie del faraone Akhenaton che regnò dal 1359 al 1342 a.C. durante la XVIII dinastia, è una figura circondata dal mistero. Alcuni studiosi ritengono che sia stata allontanata dopo essere caduta in disgrazia (non ha dato al marito figli maschi), altri hanno avanzato l'affascinante ipotesi che per un breve periodo abbia affiancato Akhenaton nella gestione del potere o che addirittura ne abbia preso il posto.

CANONI DI BELLEZZA - La statua della «bellezza del Nilo» è stata scoperta nel 1912 dall'archeologo tedesco Ludwig Borchardt a Tell el-Amarna, dove per un breve periodo è stata spostata la capitale del regno proprio per decisione di Akhenaton. Ora è conservata nel museo archeologico Altes di Berlino e a ottobre traslocherà nel Neues Museum. «È possibile che il busto di Nefertiti sia stato commissionato, forse proprio da Akhenaton, per rappresentare la regina in base alla sua percezione personale» spiega Alexander Huppertz, direttore dell'Imaging Science Institute di Berlino, sulla rivista Radiology. Il busto di 50 centimetri - una pietra calcarea ricoperta di strati di stucco di vario spessore - è già stato analizzato nel 1992, ma allora i ricercatori non sono riusciti ad arrivare a risultati degni di nota.

DISPUTA CAIRO-BERLINO - Oggi, grazie alla sofisticata tecnologia di scansione Ct, la regina ci svelta dei segreti. Le migliorie sarebbero state fatte per far aderire maggiormente il volto ai canoni di bellezza dell'epoca. «Si possono riscontrare differenti fessure parallele all'altezza delle spalle, della parte bassa del busto e dietro la corona» spiega Huppertz. Dalla sua prima esposizione pubblica nel 1923, la precisione delle linee simmetriche ha attirato migliaia di visitatori da tutto il mondo e ha scatenato un lunga disputa - non ancora conclusa - tra il Cairo e Berlino, che si rifiuta di consegnarla al Paese d'origine. Ma sapere che Nefertiti aveva le rughe e il naso un po' pronunciato, come tante donne reali, la rende ancora più affascinante.

Fonte : Il Corriere

17 mar 2009

Incenso, il profumo preferito dalla regina Hatshepsut

Roma, 15 mar. (Apcom) - Profumo d'incenso.
Era questo il preferito della regina egiza Hatshepsut, che governò l'Egitto intorno al 1479 avanti Cristo, in rappresentanza del suo figliastro Thutmoses III, che allora aveva solo tre anni. Un interregno che sarebbe dovuto durare fino alla maggiore età del ragazzo, ma che in realtà si protrasse per 20 anni. "Lei - commenta Michael
Höveler-Müller curatore del Museo Egizio dell'Università di Bonn - teneva sistematicamente Thutmoses lontano dal potere". Una donna di potere, ma sempre una donna e come tale amava le "cose" femminili, come ad esempio i profumi. Il suo preferito sembra essere stato l'incenso, il profumo degli dei. A far pensare all'incenso, hanno ricostruito gli scienziati, i frequenti viaggi verso verso Punt, la moderna Eritrea, una località dalla quale gli egizi importavano merci preziose, come ebano, avorio, oro e anche l'incenso che si pensa servisse alla regina per profumarsi. Sembra che le spedizioni abbiano portato indietro verso l'Egitto anche intere piante di incenso che Hatshepsut fece piantare vicino alla sua tomba. Ora vengono studiati gli antichi flaconi in filigrana nel tempio funerario e sui quali c'è inciso il nome della regina, segno che un tempo sono certamente appartenuti a lei . "Stiamo pensando di farli analizzare al Dipartimento di radiologia della clinica universitaria, una cosa che non era stata mai fatta prima su questo tipo di reperti", spiega Höveler-Müller. I raggi X riusciranno, secondo lo scienziato, a distinguire i componenti dei residui essicati ritrovati all'interno dei flaconi. I risultati saranno pronti in un anno e se andrà bene sarà possibile "far rivivere " il profumo che 3500 anni fa usò questa regina e ritrovato fra gli oggetti funerari. Segno che lo amava molto e la speranza è di poterlo riprodurre. Hatsheput, morì nel 1457 avanti Cristo, la sua tomba che condivideva con la sua nutrice, fu scoperta nel 1903, 3300 anni dopo la morte, da Howard Carter. Ma solo dopo più di 100 anni , nel 2007, è stato possibile identificarle tramite l'analisi del DNA e lo studio dell'arco dentario. Le analisi hanno rivelato che la sua età doveva essere al tempo della morte intorno ai 45-60 anni. Era una donna piena di "acciacchi": era in soprappeso, soffriva di diabete, aveva il cancro, l'osteoporosi e l'artrite. Insomma, proprio come una regina non aveva voluto rinunciare a nulla, nel bene e nel male. Il suo figliastro non l'amò mai, anzi dalle ricostruzioni sembra che non abbia versato un lacrima quando la regina morì e si affrettò subito a distruggere tutte le sue immagini e tutto ciò che era appartenuto a lei.
Fonte :Virgilio.it

Trovata tomba "capo tesoriere", ha ancora monili d'oro

Archeologi egiziani hanno riportato alla luce la tomba di Gahouti, capo della tesoreria della regina Hatshepsut, che governò l'Egitto 3.500 anni or sono. Nella sepoltura erano ancora presenti alcuni gioielli d'oro, sfuggiti ai saccheggiatori.

Il Supremo consiglio delle antichità egizie, comunicando la scoperta, ha diffuso le foto dei monili ritrovati: cinque orecchini e due anelli. La tomba si trova sulla riva occidentale del Nilo, presso Luxor, non lontano dalla Valle dei Re.

Sull'ingresso del sacello è inciso il testo del 'Libro dei morti', il rituale che doveva accompagnare il defunto nel suo viaggio nell'Aldilà.

La "Cappella Sistina" d'Egitto: guarda le immagini della tomba

AP Photo

Fonte: Voanews.com

12 mar 2009

Egitto/ Ricercatore: costellazione Orione rappresenta il faraone

Roma, 11 mar. (Apcom) - La costellazione di Orione venne identificata dagli antichi Egizi con il Faraone, che a sua volta incarna il principio piramidale. Lo afferma Vasile Droj, ricercatore transdisciplinare di Roma, secondo cui la relazione tra la costellazione celeste e il faraone terrestre sarebbe stata trasferita in un immenso "celestogramma" poi riprodotto sulla terra nel complesso piramidale di Giza.
Secondo Droj, in uno studio pubblicato sulla rivista Fenix, nella distribuzione degli astri della costellazione di Orione vi sarebbe anche un preciso riferimento alla piramide di Cheope. Mediante un'analisi comparativa, il ricercatore mostra come nelle cerimonie ufficiali il faraone fosse sempre munito di una gonna geometrizzata simboleggiante la piramide di Cheope, con i suoi inconfondibili 52 gradi di pendenza.
Tra tutte le costellazioni zoomorfe della volta celeste, gli egizi scelsero proprio tale costellazione "umana" come simbolo e entità protettrice dell'Egitto, ancor prima dei tempi dinastici: perciò Orione mostra il faraone sia nella sua veste guerriera, quella degli inizi, della fondazione dello stato, sia e soprattutto in quella ieratica, che per migliaia di anni lasciò una indelebile impronta sulla loro società.

Gli egizi e altre antiche civiltà, sostiene Droj, osservavano il cielo secondo una loro particolare interpretazione matematico-geometrica della distribuzione delle stelle sul firmamento celeste, che poi riproducevano sulla terra seguendo i medesimi schemi per erigere i loro edifici sacri. In tal modo, creavano una "saldatura" fra il mondo inferiore e quello superiore. Studiare a fondo questo particolare criterio, afferma sempre Droj, aiuterebbe a risolvere molti interrogativi sulle civiltà del remoto passato.


Fonte: Virgilio Notizie

11 mar 2009

La TAC sulla Mummia : sorpresa, nel sarcofago c'è un impostore ?

Si sta facendo sempre più appassionante il "giallo" della mummia egiziana che ieri è stata sottoposta ad una tac per identificarne il contenuto.

Con ogni probabilita' la mummia contenuta nel sarcofago del sacerdote Ankhpahered infatti, non e' il religioso, anche se resta tutto da stabilire chi possa essere.

A svelare la presenza dell'impostore e' stata una moderna Tac fatta sulla mummia, che arriva dal museo archeologico e paleontologico di Asti, all'ospedale Fatebenefratelli di Milano con una tecnica spirale e un apparecchio a 16 strati.

Le 2.950 immagini prodotte sono servite per una ricostruzione in 3D che ha rivelato una serie di sorprese. Non solo, infatti, le bende della mummia non riportano il nome del defunto e mancano completamente gli amuleti che avrebbero dovuto accompagnare il suo viaggio nell'aldila', ma il suo scheletro, pur integro, e' parzialmente scomposto e il fulcro e' formato non tanto dalle 24 vertebre mobili (tutte presenti) ma da 21 canne, probabilmente di papiro, che sorreggono il cranio.

Una tecnica che fa pensare piuttosto a uno scheletro ricomposto su una barella e poi fasciato. Inoltre, la parte inferiore presenta segni di artrosi.

L'ipotesi e' che la mummia lavorasse sforzando soprattutto le gambe. Difficile quindi che si tratti del sacerdote del dio Min, protettore della fecondita', di cui racconta il sarcofago datato fra la XXII e la XXIII dinastia, cioe' fra il 945 e il 715 Avanti Cristo.

"Il sarcofago e il corpo - ha spiegato l'egittologa Sabina Molgora alla presentazione dei dati nella sede di Regione Lombardia - raccontano due storie diverse". Ora dall'incontro dei dati si cerchera' di capire come le loro storie si incrociano: se il sarcofago e' servito per una nuova sepoltura egizia, come a volte accadeva per risparmiare, se Ankhpahered e' stato rubato e sostituito, magari per venderlo a qualche collezionista.

Per questo i fautori del 'Progetto Tac' (oltre a Molgora, l'egittologa Anna Pieri, il direttore del dipartimento Materno infantile del Fatebenefratelli, Luca Bernardo e il referente di Neuroendoscopia, Antonio Pieri) ora vorrebbero esaminare la mummia col Carbonio 14 e stabilire il periodo della morte. Intanto Pieri e Molgora presenteranno i dati raccolti finora al convegno 'Mummies and Life Sciences Congress' a Bolzano dal 19 al 21 marzo e stanno cercando una sede dove riproporre la mostra 'Ur Sunu - grandi dottori nell'antico Egitto' con cui e' nata la collaborazione coi medici del Fatebenefratelli.

"A questo punto - ha concluso Bernardo - ci si puo' domandare se le mummie dei musei che non sono state analizzate sono davvero mummie dell'antico Egitto".


Fonte: Mysterium

10 mar 2009

Mummia di 3mila anni salta la lista d’attesa e fa la tac a tempi record

MILANO - Per il cittadino comune ci vogliono fino a tre mesi, a volte quattro. Una tac alla mummia vecchia di 3mila anni i tempi sono da record. Quello che è entrato sabato mattina nella radiologia del Fatebenefratelli era un un pa­ziente davvero particolare. Aveva una nutrita équipe di medici e personale che gli si sono totalmente dedicati per quattro ore. Dalle ore 10 alle 24, infatti, è stato sottoposto a una tac per ottenere ben 2000 immagini. Questo “paziente d’eccellenza” del Fatebene­fratelli è una mummia ospi­tata nel sarcofago attribuito al sacerdote Ankhpakhered, conservata al Museo Civico Archeologico e Paleontologi­co di Asti. Tre giorni fa è stata sottoposta al Fatebenefratelli ad una tomografia assiale computerizzata, ha dovuto aspettare il suo turno. Ma perché sino al 10 gennaio era, esposta alla mostra “URSU­NU - Grandi dottori dell’anti­co Egitto” tenutasi a Casale Monferrato. In pratica ha at­teso decisamente poco ri­spetto ai viventi che necessi­tano di una Tac nel nosoco­mio di zona Garibaldi. La maggior parte, il 56,25% de­ve pazientare tra i 31 ed i 60 giorni. Tanti, troppi da aspet­tare per chi sta male. In altri ospedali, come il Sac­co, per esempio la situazione è ancora peggiore: il 27,27% aspetta tra i due ed i tre mesi. Al Fatebenerfratelli garanti­scono che non ci sono stati favoritismi. «L’impegno dei medici e di tutto il personale che ha partecipato a questa singolare tac si è prestato gra­tuitamente fuori dall’orario di servizio», racconta Luca Bernardo, direttore del Di­partimento Materno infantile che, assieme ad Ant ion io Pieri, dirigente medico della struttura complessa di neu­rochirurgia, è stato coinvolto in questa iniziativa straordi­naria dalle archeologhe Sa­bina Malgora ed Anna Pieri del Museo civico di Asti. «Nessuna spesa - aggiunge il dottor Bernardo - è stata ri­chiesta per l’esecuzione dell’esame strumentale gra­zie alla disponibilità dell’ospedale e della Regione Lombardia. I costi del tra­sporto e dell’assicurazione sono stati coperti da un’azienda produttrice di caffé». Ma quest’operazione, i cui ri­sultati vengono presentati uf­ficialmente oggi in Regione, non è destinata secondo il dottor Bernardo a rimanere unica. Dai primi risultati del­la tac di sabato è emerso che il reperto scheletrico è mal conservato. Una diagnosi che è sempre meglio ricevere da morti. di Marisa De Moliner
Fonte:
Cronacaqui

8 mar 2009

Ricostruita nave egizia per spedizione a Punt













È stata ricostruita una nave egizia di 20 m. con la quale si effettuerà una nuova "spedizione a Punt", riprova che gli Egizi erano anche ottimi marinai.

Fonte: Physorg.com

Luxor. Zahi Hawass annuncia una spettacolare scoperta archeologica

Zahi Hawass, responsabile del Servizio egiziano delle antichità, ha annunciato un’eccezionale scoperta fatta da un team di archeologi egiziani ed europei a Luxor, all’interno di un tempio funerario.

Gli archeologi hanno portato alla luce due splendide statue di Amenhotep III, un faraone che aveva regnato per 39 anni durante la 18esima dinastia, circa 3′400 anni fa e padre del famoso Akhenaton, il “faraone maledetto” che aveva introdotto nel paese il culto monoteista.
Una delle due statue, alta all’incirca un metro, rappresenta Amenhotep III con i tratti di una sfinge, mentre nella seconda il sovrano è seduto sul seggio reale e porta un ricco abito di cerimonia. Entrambe le statue sono state ritrovate in buono stato.

Amenhotep III era stato sepolto nella valle dei Re, a Tebe, nella tomba che gli archeologi avevano contrassegnato come KV22, ma la sua mummia era stata in seguito rinvenuta nella tomba di un altro faraone, Amenhotep II, lì trasportata dai sacerdoti della 20esima dinastia per preservare le spoglie del defunto sovrano dai saccheggi dei tombaroli.
Del grandioso tempio funerario di Amenhotep III a Tebe, crollato verso il 1200 a.C. a seguito di un terremoto restano oggi solamente due statue, conosciute come i Colossi di Memnone.
Nell’antichità, gli storici greci riportavano che ogni giorno all’alba una delle due statue emetteva una sorta di melodia quando veniva rischiarata dai primi raggi del sole.
Era stato appurato che si trattava di un fenomeno causato dall’espansione della roccia riscaldata dal sole. Un fenomeno che era scomparso quando l’imperatore romano Settimio Severo (146-211 d.C.) aveva ordinato di restaurare le due enormi statue.

Fonte: Ticinolibero

Torna alla luce nobildonna egizia

Qui riposava Isis, una nobildonna egizia vissuta nel 1300 avanti Cristo. Una bara scolpita in pietra calcarea, delle rappresentazioni da decifrare e il mistero dell'antico Egitto che torna alla luce. La bara è stata trovata durante una missione giapponese organizzata dall'istituto di egittologia dell'università di Waseda nell'area archerologica di Saqqara, 35 chilometri a sud de Il Cairo. Rinvenuta all'interno di una tomba databile tra il 1300 e il 1200 avanti Cristo, la bara appartiene ad una nobildonna di nome Isis Nfrt, probabilmente figlia del principe Setna Kha-Em-Ust.
Fonte: La Repubblica

3 mar 2009

IL LOUVRE APRE 'LE PORTE DEL CIELO'

Nella lingua degli antichi egiziani le «porte del cielo» erano i battenti del tabernacolo che abitava la statua di una divinità. Simbolizzando il punto di passaggio verso l'altro mondo, questo modo di dire si applicava anche ad altri elementi di quella lontana cultura. Una vasta rassegna, curata da Marc Etienne, propone oggi un viaggio d'eccezione attraverso questo universo, di cui le «porte del cielo» segnano l'accesso, essendo il cielo nello stesso tempo spazio sensibile visto dalla terra e dimensione riguardante il divino. Costituito da circa trecentocinquanta pezzi di grande interesse, come la straordinaria Stele della dama Tapéret risalente al terzo periodo intermedio, XXII dinastia, databile tra il X-IX secolo a.C., non a caso scelta come immagine della mostra, il percorso espositivo copre un periodo di tre millenni, a partire dall'Antico Impero e fino all'epoca romana, con l'obiettivo di ricollocare gli oggetti quotidiani nel loro giusto contesto sociale, religioso e artistico. Le opere provenienti dal Louvre sono qui presentate insieme a oggetti di collezioni europee, per documentare la varietà di quest'arte, a torto considerata ripetitiva.
In mostra dal
6 marzo al 29 giugno i reperti dell'antico Egitto. Oltre 350 artefatti che coprono tre millenni, dai Regni piu' antichi all'epoca Romana. Numerosi i sarcofaghi, appunto le 'Porte del cielo' che conducevano all'aldila'.

“The Gates of Heaven. Visions of the World in Ancient Egypt”

Fonte: La repubblica