26 feb 2009

A Torino si apre la mostra dedicata al faraone del sole

Il prezioso rilievo in arenaria con tracce di pittura del Regno di Thutmosi III, raffigurante il faraone che compie l'offerta rituale dei vasi, apre il suggestivo percorso della mostra «Akhenaton. Faraone del sole» che s'inaugura oggi, alle 18,30, nelle sale di Palazzo Bricherasio. Si tratta di uno dei circa 200 reperti, in gran parte provenienti dal Museo Egizio di Berlino, attualmente in fase di ristrutturazione, che contribuisce a delineare le vicende culturali dell’Egitto tra i regni di Amenofi III e Ramesse II, mentre pone l'attenzione degli studiosi e del pubblico sulla figura e la storia di Akhenaton: il Faraone che regnò dal 1350 al 1333 a.C. e istituì il culto dell’Aton, il disco solare trasformato in divinità. Allo stesso sovrano è attribuito un poetico inno ad Aton, che unisce come un «fil rouge» la sequenza delle sorprendenti opere esposte.
Lungo l'itinerario dell’esposizione, si scoprono pendenti dai preziosi colori, anelli, statuine votive a forma di donna che allatta o di giocattolo, la tavolozza di uno scriba e lo scarabeo con i nomi di Amenofi III e Teye, genitori di Amenofi IV che cambiò il proprio nome in Akhenaton, che significa «Spirito di Aton» oppure «Colui che è utile ad Aton». Akhenaton è, sicuramente, il vero e insostituibile personaggio di questo incontro con l'arte del «periodo amarniano» segnata da forme allungate e dallo stile angoloso, con una stagione dominata dalla sua volontà di attuare una riforma religiosa focalizzata sulla venerazione di Aton.

Proseguendo nella visita si avverte il senso profondo di una visione d'insieme che racchiude il volto di Nefertiti (il cui nome vuole dire «E' giunta la bella» o «E' giunta la bellezza») e il frammento di sarcofago di Ay, che alcuni ricercatori ritengono fosse il padre della regina, e ancora la figura di Kiya, la «favorita» di Akhenaton, forse madre di Tutankhamon. E, infine, si possono osservare le spettacolari immagini astronomiche del sole dell’Istituto Nazionale di Astrofisica-Osservatorio Astronomico di Torino, utilizzate anche dai ricercatori della Nasa.

Info: Palazzo Bricherasio, via Lagrange 20, orario: 9,30-19,30, giovedì e sabato 9,30-22,30, tel. 011/ 5711811, ingresso: 7,50 euro, ridotto 5,50 euro, sino al 14 giugno.


Fonte: La Stampa

19 feb 2009

Ritrovati i frammenti mancanti del "Papiro Reale"

Trovati nei sotterranei dell'Egizio di Torino i frammenti mancanti del "Papiro Reale": sovrani sconosciuti e una storia da riscrivere .
Un papiro di tremila anni fa, due inviati del British Museum, una riunione concitata di esperti durata un paio di giorni al Museo Egizio di Torino, per individuare i pezzi mancanti di un puzzle storico. E alla fine la soluzione, trovata molto più vicino di quanto non si pensasse: era da anni dimenticata nei sotterranei dell‚edificio.

Sembra davvero un affascinante giallo archeologico la scoperta fatta sul «Canone Reale», il più importante documento che elenca le dinastie egizie: tutti gli indizi raccolti ci portano a pensare che i pezzi del reperto sono fuori posto, la cronologia è in buona parte sbagliata e all‚elenco che conosciamo potremo aggiungere nomi di faraoni mai sentiti prima.

Il direttore del British Museum, Nial Mac Gregor, aveva annunciato la scorsa estate, durante un ricevimento all‚Ambasciata italiana di Londra, di voler mettere a disposizione i suoi migliori esperti per il restauro del più importante documento conservato al Museo Egizio torinese. Conosciuto anche come il «Papiro di Torino», il reperto è talmente malridotto da risultare davvero poco interessante per i visitatori, che passano rapidamente oltre. Ma è così rilevante per la storia egizia che tutti i principali studiosi, da Champollion a Lepsius, da Ibscher a Gardiner, hanno trascorso giorni al museo di Torino per cercare di venirne a capo.

Se Bernardino Drovetti fosse stato un poco più attento quando lo scoprì intatto a Tebe nel 1822, ora gli studiosi dell‚antico Egitto non avrebbero tutti questi problemi. Ma il diplomatico piemontese gettò irresponsabilmente il papiro in un baule assieme a tutti gli altri, e quando disfece i bagagli a Torino il documento era ridotto a un penoso cumulo di frammenti. Ci è voluto più di un secolo per rimetterli insieme in un ordine che sembrasse sensato e quella che vediamo adesso è la ricostruzione fatta dall‚egittologo Giulio Farina, che sigillò i resti del documento tra due lastre di vetro nel 1938. Finora, nessuno aveva osato mettere in discussione il riposizionamento dei frammenti e la cronologia dei faraoni e delle dinastie che ne risultava. Ma quando l‚inviato del British Museum Richard Parkinson, accompagnato dalla collega Bridget Leach (una delle tre persone al mondo che sa restaurare un papiro) è arrivato lunedì scorso a Torino, ha posto la domanda che ha cambiato tutto: «Potete farmi vedere i frammenti mancanti?». Intorno al tavolo della sala riunioni del Museo Egizio molti non hanno nascosto il loro stupore: se era evidente a tutti che molti frammenti mancavano, nessuno pensava che fossero stati conservati e che fosse ancora possibile trovarli da qualche parte.

È stato sfogliando il volume Royal Canon of Turin, scritto da Alan Henderson Gardiner nel 1959 per l‚Oxford Griffith Institute e custodito nella biblioteca del museo, che si è trovata una prima conferma dell‚esistenza dei pezzi mancanti del puzzle: alla Tavola IX, lo studioso inglese aveva minuziosamente riprodotto alcuni frammenti che non erano stati inseriti da Farina nella ricostruzione finale, forse perché non combaciavano con i vicini. Gardiner è stato uno dei più eminenti egittologi del XX secolo. Non era simpatico a Howard Carter, lo scopritore della tomba di Tutankhamon («Più lo conosco e meno mi piace»), ma sapeva il fatto suo e la grammatica egizia che scrisse è ancora indispensabile a chi vuole imparare i geroglifici.

Dopo ore di discussioni è stata Elvira D‚Amicone, egittologa del ministero, ad avere l‚intuizione giusta: se il papiro era arrivato in frammenti al museo, le parti mancanti non dovevano essere troppo lontane. Forse bisognava cercarle nei sotterranei, in quel misterioso magazzino che custodisce abbastanza reperti da allestirci un altro museo, il giorno che ci saranno i soldi per occuparsene seriamente. E infatti erano lì, dimenticati da più di mezzo secolo in un armadio: una mano pietosa ne aveva persino inseriti alcuni tra due lastre di vetro, perché si conservassero senza danni. Ma prima di studiarli c‚era un altro ostacolo da superare. Secondo la legge, ogni reperto non appartiene al museo che lo custodisce, ma allo Stato italiano e niente si sposta senza un timbro e una autorizzazione. Informata dell‚importanza della scoperta, la sovrintendente alle Antichità Giovanna Maria Bacci ha però subito concesso tutti i visti necessari ad un primo esame.

Ieri mattina il «Papiro di Torino» era su un tavolo del laboratorio all‚ultimo piano del museo, di fianco a una mummia in attesa di restauri, e il professor Parkinson lo guardava come ne fosse innamorato. «Grazie a questa scoperta - spiegava - possiamo dire che la ricostruzione fatta da Farina è sbagliata. I pezzi andranno ricollocati in un modo diverso, utilizzando anche le tecnologie delle quali disponiamo a Londra. Siamo in grado di fare un lavoro migliore di quello che era possibile più di 70 anni fa». Bridget Leach osserva le fibre con occhiali dotati di lenti di ingrandimento e già immagina gli interventi da fare: «Il papiro è stato restaurato nell‚antichità. Vede questi fili di seta? C‚è colla di origine animale, che può fare molti danni». Eleni Vassilika, la direttrice del museo, è raggiante: «È una scoperta importantissima. È possibile che si debbano rivedere le date delle dinastie e aggiungere nomi di faraoni». Se ci saranno tutte le autorizzazioni, se nessuno si opporrà, se non nasceranno polemiche, il papiro dovrà ora essere portato a Londra, dove resterà per mesi. Al suo ritorno sarà completamente diverso. E bisognerà riscrivere molti libri di storia egizia.

Un documento storico finito in mille pezzi
Il «Papiro di Torino» è uno dei pochi documenti esistenti che elencano le dinastie dei faraoni egizi e ha una rilevante importanza storica. È stato scritto durante il regno di Ramesse II (1297-1213 a. C.) sul retro di un papiro già usato. Ritrovato intatto a Tebe da Bernardino Drovetti all‚inizio dell‚800, si è frammentato in centinaia di pezzi durante il trasporto in Italia ed è stato faticosamente ricostruito solo in parte.
L‚elenco dei faraoni coincide parzialmente con analoghe liste di sovrani, come quella scritta dallo storico Manetone in epoca ellenistica o quelle rinvenute ad Abydos o a Saqqara. L‚importanza del papiro custodito al Museo Egizio di Torino risiede però nel modo neutrale con il quale le dinastie sono riportate. A differenza degli altri elenchi, questo non è stato fatto per celebrare un particolare faraone rispetto agli altri, ma riporta i nomi di tutti i sovrani, anche di quelli poco importanti o considerati «usurpatori».

(Fonte: La Stampa)

12 feb 2009

Scoperti sei sarcofaghi e una trentina di mummie

Una tomba faraonica che potrebbe risalire all'Antico Regno, 4.300 a.c. La scoperta è stata fatta da un gruppo di archeologi in Egitto nella necropoli di Saqqara accanto alla piramide di Zoser. Nel sito sono stati rinvenuti sei sarcofaghi, uno in legno e cinque in calcare e una trentina di mummie e scheletri. Secondo gli esperti le mummie risalirebbero a periodi diversi della storia egiziana: una potrebbe essere molto piu' recente rispetto alle altre, addirittura del 640 a.C., mentre uno dei cinque sarcofaghi in calcare non sarebbe mai stato aperto, sfuggendo all'attività dei ricercatori clandestini. La tomba si trova a 11 metri di profondità.
Fonte: La7

La mastaba di Sennedjem

9 feb 2009

Lo scanner fotografa il volto della sacerdotessa egiziana

CHICAGO (USA) - Ha riposato in pace per circa 3000 anni nel suo sarcofago e sarebbe stato ingiusto disturbarla. Ma grazie al supertecnologico scanner «Philips Brilliance iCT» gli studiosi hanno potuto ammirare il suo volto e il suo corpo senza aprire la tomba. Le straordinarie immagini del feretro di Meresamun, una sacerdotessa vissuta in Egitto tre millenni fa, sono finalmente state immortalate da un team di scienziati americani guidati dal professore Michael Vannier. Con questa sofisticata scannerizzazione gli studiosi sono riusciti a cogliere splendidi immagini tridimensionali che permettono di scrutare non solo gli interni del sarcofago, ma anche oltre i diversi strati di lino che proteggono il corpo della mummia.

SARCOFAGO SIGILLATO - La mummia si trova in un sarcofago sigillato e finemente decorato che fu acquistato nel 1920 da James Henry Breasted, fondatore del «Oriental Institute Museum» di Chicago. Il nome di Meresamun, presente sul sarcofago, significa in antico egizio «colei che vive per Amon». Probabilmente la sacerdotessa visse a Tebe intorno al 1000 A.C. Sulla tomba sono presenti anche altre iscrizioni. Una di questa afferma che Meresamun durante la vita terrena fu una «cantante all'interno del Tempio di Amon» e da ciò gli studiosi hanno potuto intuire che si deve trattare di una delle numerose sacerdotesse che durante i riti religiosi intonavano canzoni in onore del dio egiziano. Le foto tridimendionali permettono di vedere lo scheletro, gli occhi coperti da due piccole pietre e i resti di alcuni organi all'interno del corpo della sacerdotessa.

UNA DONNA GIOVANE E CON GLI OCCHI GRANDI - Gli studiosi pensano che la sacerdotessa sia morta molto giovane: al tempo del decesso doveva avere al massimo 30 anni. Non si conoscono le cause della sua morte. Dalle immagini si nota che le sue ossa sono sane e forti e secondo gli esperti la donna si nutriva bene e faceva anche una vita attiva. Tuttavia i suoi denti appaiono logori e ciò è dovuto probabilmente alla sabbia presente nel pane egiziano, ottenuto da farina macinata con la pietra. Alla fine gli egittologi hanno delineato anche le misure e l'aspetto della sacerdotessa: era alta 1 metro e 65 cm, aveva gli occhi grandi e il volto simmetrico, gli zigomi prominenti e il naso un po' lungo. L'egittologo Emily Teeter, che insegna all'Università di Chicago conferma: «E' stato davvero entusiasmante vedere queste foto» mentre il professore americano Michael Vannier, che ha guidato la scannerizzazione del corpo della sacerdotessa, esalta il risultato del suo lavoro: «Le immagini della mummia sono mozzafiato» dichiara. «Possiamo vedere ogni particolare, anche quelli più impercettibili».

Francesco Tortora
immagine
(Press Association)
Fonte : il Corriere

1 feb 2009

Trento,: l'Egitto al Castello del Buonconsiglio

Egitto mai visto nella mostra "Collezioni inedite dal Museo Egizio di Torino e dal Castello del Buonconsiglio di Trento" in programma dal 30 Maggio al prossimo 8 Novembre 2009. In questi giorni le anteprime
Si tratta di un mondo tutto da scoprire. Pezzi egizi in gran parte mai visti quelli arrivati al museo del Castello del Buonconsiglio. Oltre 300 reperti provenienti dai depositi del museo egizio di Torino che saranno proposti nella nuova mostra estiva.

Sono state aperte alcune delle ottanta casse, in particolare quelle contenenti uno dei 12 sarcofagi a cassa, con la mummia conservata in un tronco cavo il cui bastone fa pensare che fosse una persona influente. La mostra proporra' oltre 700 pezzi in una decina di sale.

Reperti mai visti nella Mostra di Trento - A oltre cento anni dalle scoperte, saranno presentate al pubblico due sorprendenti collezioni provenienti dall'antico Egitto. All'importante raccolta egizia conservata fino ad oggi nei depositi del Castello del Buonconsiglio di Trento, verranno infatti affiancate straordinarie scoperte dovute agli scavi condotti da Ernesto Schiaparelli fra il 1905 e il 1920 nelle necropoli di Gebelein e Assiut, la mitica città dove, secondo la tradizione copta, trovò rifugiò la Sacra Famiglia nella sua fuga in Egitto.

Informazioni

info@buonconsiglio.it
tel. 0461 233770
Visite guidate, attività per la scuola, laboratori per famiglie
Servizi educativi del museo
tel. 0461 492811
education@buonconsiglio.it

Fonte: La voce del NordEst

I tesori sommersi alle Scuderie Juvarriane

L’unica tappa italiana della mostra internazionale nei nuovi spazi espositivi delle Scuderie Juvarriane

Egitto. Tesori sommersi si terrà alla Venaria Reale dal 7 febbraio al 31 maggio 2009: è l’unica tappa italiana della mostra internazionale che espone oltre 500 reperti archeologici provenienti da Alessandria, Heracleion e Canopo, antichissime città della zona del Delta del Nilo che nei primi secoli dell’era cristiana sprofondarono sei metri sotto il livello del Mediterraneo.
Con il supporto di una sofisticata tecnologia geofisica, l’equipe guidata da Franck Goddio ha riscoperto i loro resti, miti, opere ed oggetti:dalla sensualità della statua in diorite di una regina, alla semplice quotidianità di alcuni ami da pesca in bronzo; dalle tre colossali statue in granito di oltre cinque metri, alle monete d’oro; dalla stele di Tolomeo con le sue 16 tonnellate di peso, all’anello nuziale in oro che porta incisa una frase del Vangelo. I reperti raccontano 15 secoli di storia dal 700 a.C. all'800 d.C.: un affascinante viaggio in quella parte dell'antico Egitto che fu a contatto con il mondo mediterraneo di Greci, Romani e Bizantini, prima della conquista araba.

L’unica tappa italiana della mostra è arricchita dallo scenografico allestimento di Robert Wilson e dalle musiche e ambientazioni sonore di Laurie Anderson. Il visitatore attraverserà un lungo e buio corridoio che ripropone le suggestioni delle profondità marine, per arrivare nel cuore della mostra iniziando da una stanza totalmente luminosa, la “contemplation space” dedicata ad un solo, prezioso oggetto e al piacere della contemplazione. Seguono ambienti singolarmente allestiti: Sunken Forest (Foresta sommersa), Treasures Honeycomb (Alveare dei tesori), Sphinx Box (Scatola della Sfinge), Liquid Space (Spazio liquido), Waves Power (Potenza delle onde). La visita culmina, attraverso il lungo corridoio presentato come una scura galleria (Coral Tunnel), nell’ultima spettacolare stanza dedicata all’oggetto di maggiore mistero e sensualità: una statua femminile -dea o regina- che sembra sorgere dalle acque e che, con la perfezione e la bellezza della sua immagine, accompagna il visitatore verso l'uscita.

L’esposizione di Venaria è ospitata negli imponenti spazi espositivi della Citroniera (l’antica serra creata per il ricovero degli agrumi) e Scuderia Grande, opere di grande pregio architettonico realizzate nel Settecento da Filippo Juvarra, il cui restauro volge ormai al definitivo compimento dopo 3 intensi anni di lavori promossi e coordinati dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici e dalla Regione Piemonte: con i quasi 5.000 metri quadri totali di superficie, oltre 140 metri di lunghezza per quasi 15 di larghezza ed altrettanti di altezza ognuna, rappresentano il nuovo polo culturale del complesso della Reggia di Venaria.

La mostra è promossa dalla Compagnia di San Paolo e realizzata insieme al Consorzio di Valorizzazione Culturale La Venaria Reale, in collaborazione con l’Institut Européen d’Archéologie Sous-Marine (IEASM), Hilti Arts & Culture GmbH e Supreme Council of Antiquities of Egypt.

dal 7 Febbraio al 31 Maggio 2009

A cura di Franck Goddio
Allestimento di Robert Wilson
Musiche e ambientazione sonora di Laurie Anderson

Per maggiori info sulla mostra guarda qui

Fonte: IL Sole 24ore