10 mar 2009

Mummia di 3mila anni salta la lista d’attesa e fa la tac a tempi record

MILANO - Per il cittadino comune ci vogliono fino a tre mesi, a volte quattro. Una tac alla mummia vecchia di 3mila anni i tempi sono da record. Quello che è entrato sabato mattina nella radiologia del Fatebenefratelli era un un pa­ziente davvero particolare. Aveva una nutrita équipe di medici e personale che gli si sono totalmente dedicati per quattro ore. Dalle ore 10 alle 24, infatti, è stato sottoposto a una tac per ottenere ben 2000 immagini. Questo “paziente d’eccellenza” del Fatebene­fratelli è una mummia ospi­tata nel sarcofago attribuito al sacerdote Ankhpakhered, conservata al Museo Civico Archeologico e Paleontologi­co di Asti. Tre giorni fa è stata sottoposta al Fatebenefratelli ad una tomografia assiale computerizzata, ha dovuto aspettare il suo turno. Ma perché sino al 10 gennaio era, esposta alla mostra “URSU­NU - Grandi dottori dell’anti­co Egitto” tenutasi a Casale Monferrato. In pratica ha at­teso decisamente poco ri­spetto ai viventi che necessi­tano di una Tac nel nosoco­mio di zona Garibaldi. La maggior parte, il 56,25% de­ve pazientare tra i 31 ed i 60 giorni. Tanti, troppi da aspet­tare per chi sta male. In altri ospedali, come il Sac­co, per esempio la situazione è ancora peggiore: il 27,27% aspetta tra i due ed i tre mesi. Al Fatebenerfratelli garanti­scono che non ci sono stati favoritismi. «L’impegno dei medici e di tutto il personale che ha partecipato a questa singolare tac si è prestato gra­tuitamente fuori dall’orario di servizio», racconta Luca Bernardo, direttore del Di­partimento Materno infantile che, assieme ad Ant ion io Pieri, dirigente medico della struttura complessa di neu­rochirurgia, è stato coinvolto in questa iniziativa straordi­naria dalle archeologhe Sa­bina Malgora ed Anna Pieri del Museo civico di Asti. «Nessuna spesa - aggiunge il dottor Bernardo - è stata ri­chiesta per l’esecuzione dell’esame strumentale gra­zie alla disponibilità dell’ospedale e della Regione Lombardia. I costi del tra­sporto e dell’assicurazione sono stati coperti da un’azienda produttrice di caffé». Ma quest’operazione, i cui ri­sultati vengono presentati uf­ficialmente oggi in Regione, non è destinata secondo il dottor Bernardo a rimanere unica. Dai primi risultati del­la tac di sabato è emerso che il reperto scheletrico è mal conservato. Una diagnosi che è sempre meglio ricevere da morti. di Marisa De Moliner
Fonte:
Cronacaqui

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