La «macchina di corti bastoni» che Erodoto cita nelle Storie è dunque esistita davvero, ed è stata ricostruita a grandezza naturale e utilizzata per la prima volta in una simulazione nel dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica, in collaborazione con Iveco che ha finanziato parte dell’esperimento.
Lungo dieci metri, il modello moderno della macchina è capace di spostare fino a cinque tonnellate. Questa versione è stata presentata al Comitato scientifico della Fondazione del Museo egizio e agli esperti nei giorni scorsi, durante il convegno nazionale di «Egittologia e papirologia». Per la costruzione della piramide di Cheope, tuttavia, si ipotizza abbia potuto trasportare blocchi pesanti fino a 45 tonnellate con la forza di soli tre o quattro uomini.
Secondo la ricostruzione del professore Giorgio Faraggiana e Osvaldo Falesiedi, dipendente di Iveco con la passione per l’a rcheologia, venivano inserite tra le funi sbarre laterali per esercitare una maggiore leva. «Le nicchie che si notano alla base delle pareti della galleria, considerata a lungo come un corridoio cerimoniale - spiega Faraggiana - non servivano affatto a ospitare statue commemorative, ma a bloccare le traverse di legno, mentre la galleria forniva la parte rigida della macchina».
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